La rigenerazione del cervello «inizia» dal sistema immunitario

13.09.2013 23:05

La rigenerazione del cervello «inizia» dal sistema immunitario

Far collaborare le cellule «difensive» e quelle staminali contro Alzheimer e Parkinson

Durante gli ultimi decenni c'è stato un capovolgimento delle conoscenze sul cervello e sulle sue capacità di rigenerazione. Negli anni ’80 il cervello era ancora considerato un organo statico e incapace di rigenerarsi. Poi, grazie alla scoperta delle cellule staminali del cervello adulto - avvenuta alla metà degli anni ’60 - oggi si sa, sulla base di esperimenti su roditori, che il cervello potrebbe essere in grado di produrre fino a 10 mila nuovi neuroni al giorno e che le cellule staminali sono presenti, anche se non esclusivamente, in aree ben precise dell’organo adulto. «Sono la zona subgranulare del giro dentato dell'ippocampo e la zona subventricolare dei ventricoli cerebrali laterali» puntualizza Gianvito Martino, direttore della Divisione di neuroscienze dell'Ospedale San Raffaele di Milano. «In queste due "nicchie germinali", le cellule staminali risiedono stabilmente».

 

Queste conoscenze, assieme a quelle che si stanno sviluppando sul sistema immunitario, costituiscono anche la nuova frontiera della lotta alle malattie causate da un danno alle cellule cerebrali, come la sclerosi multipla e l'ictus, ma anche la malattia di Alzheimer e quella di Parkinson. L'obiettivo è la regolazione dei sottili meccanismi molecolari e cellulari a cavallo tra il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario.

In altre parole, gli scienziati cominciano a svelare il complicato funzionamento del sistema immunitario del cervello, capace di generare stati di infiammazione utili per la protezione dei neuroni, ma che allo stesso tempo possono essere essi stessi causa di danno. È anche per le conoscenze ancora mancanti in quest'ambito che finora la medicina rigenerativa, basata soprattutto sulle cellule staminali, non ha dato i risultati sperati. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi per un trasferimento affidabile di queste nuove conoscenze alla pratica clinica. Tuttavia si lavora per provare ad avere accesso alla "manopola" che consentirà agli scienziati di regolare il meccanismo dell'infiammazione e quello della rigenerazione delle cellule cerebrali. «Queste nuove conoscenze potrebbero diventare determinanti contro le malattie definite scarsamente rigeneranti — spiega Martino —. Per esempio, potrebbero essere utili per studiare strategie in grado di stimolare le risposte protettive del sistema immunitario, diminuendo contestualmente quelle nocive».

Le staminali già presenti nel cervello adulto (endogene), o quelle trapiantate, potranno essere manipolate in modo da indurle a dialogare con il sistema immunitario, così da diventare capaci di svolgere un ruolo riparativo sempre più efficace e affidabile. «È affascinante cercare di capire come due sistemi, uno dei quali deputato a creare dal nulla un organismo, ossia le cellule staminali, e uno deputato a difenderlo, ossia il sistema immunitario, possano collaborare — sottolinea Martino —. Non è di certo strano, né incomprensibile che qualcosa che ci difende sia capace di interagire con qualcosa che crea: in questo modo, infatti, il processo di creazione non può che essere più efficiente ed efficace». L'obiettivo è raggiungere vere e proprie terapie naturali, che utilizzino la capacità dell'organismo di ripararsi, attivino gli strumenti intrinseci di difesa di cui esso è dotato. Strumenti che tuttavia hanno bisogno di essere finemente regolati e controllati, dato che l'organismo, in sé e per sé, non sembra in grado di operare tale controllo. «D'altronde, se fosse sufficiente produrre nuove cellule nervose per rigenerare il cervello, la conseguenza logica sarebbe l'assenza di malattie di quest’organo — continua il neurologo—. Dato che l'evidenza è diversa: le malattie del cervello esistono e non si autocurano, la deduzione logica è che di per sé questa rigenerazione è imperfetta».

Oggi si sa che quando nel cervello viene registrata la presenza di un potenziale danno, si sviluppa uno stato infiammatorio che ha una finalità di difesa, destinato a eliminare prontamente il pericolo, anche a costo di provocare a sua volta un danno. Poi, infatti, ci sarà comunque una seconda fase di tipo ricostruttivo e rigenerativo. Alle volte capita però che questa seconda fase non riesca a partire in maniera adeguata, e che il processo infiammatorio diventi cronico. I motivi di questo malfunzionamento non sono ancora del tutto noti. La mancata coordinazione delle due fasi potrebbe essere la conseguenza di segnali ancora sconosciuti di ordine superiore probabilmente sotto il controllo genetico. Oppure potrebbero entrarci qualcosa i processi di invecchiamento, visto che nei topi è stato osservato come gli individui più giovani siano maggiormente in grado di riparare le lesioni a carico dei neuroni, mentre quelli più anziani sono meno efficienti in tale processo.

Studi condotti su animali hanno poi consentito di scoprire che le cellule staminali somministrate per fini ricostruttivi si sono dimostrate capaci anche di contrastare l'infiammazione dannosa. «Le cellule staminali hanno in superficie vere e proprie antenne, — chiarisce Martino — i cosiddetti Toll like receptors, che possono interagire a livello molecolare con il microambiente dell'infiammazione, modificandolo attraverso la secrezione di molecole antinfiammatorie e di fattori di nutrimento che avviano i processi di riparazione». Studi successivi sono stati effettuati anche sulle cellule staminali non trapiantate, ossia quelle naturalmente presenti nel cervello, e si è visto che sono anch’esse in grado di svolgere le due azioni descritte, quella antinfiammatoria e quella riparativa. «Ne consegue che per il prossimo futuro ci aspettiamo di riuscire a stimolare farmacologicamente le cellule staminali del sistema nervoso, — afferma Martino — una modalità che potrebbe diventare una strategia sia di prevenzione, sia di cura. Quindi possiamo considerare le cellule staminali come vere cellule immuno-rilevanti del cervello». D'altra parte, la ricerca sta anche scoprendo l'opposto, ossia che cellule del sistema immunitario, ad esempio linfociti T, anche se di un tipo particolare, sono capaci di giocare un ruolo nella fase rigenerativa della difesa. È il fenomeno cosiddetto della immunità autoprotettiva. E anche i macrofagi, cellule tipicamente immunitarie che possono essere causa di fenomeni infiammatori eccessivi e quindi dannosi, hanno la potenzialità di essere convertiti in cellule protettive, se manipolati prima del trapianto, come hanno dimostrato fin dalla meta degli anni Novanta gli studi realizzata da Michal Schwartz del Weizmann Institute of Science di Rehovot in Israele

https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/13_settembre_05/storia-rigenerazione-cervello-sistema-immunitario_8a06e5a8-10af-11e3-abea-779a600e18b3.shtml