ALZHEIMER: I DISAGI DEL FAMILIARE

31.10.2013 23:57

Cosa succede:


L' invecchiamento è una tappa della vita che richiede l'accettazione dei cambiamenti di diversi aspetti della propria esistenza. È una fase della vita che mette in gioco non solo dinamiche profondamente intime e personali di chi sta affrontando questo processo, ma anche dinamiche relazionali che coinvolgono in particolare l'ambiente familiare. Spesso l'insorgere della malattia è l'evento che segna nel modo più evidente il processo di invecchiamento. In particolare le forme patologiche che inducono una progressiva riduzione delle abilità e dell'autonomia personale, come le demenze, portano ad una trasformazione radicale delle condizioni di vita sia a livello pratico-comportamentale che affettivo-relazionale.
La famiglia costituisce il punto di riferimento più diffuso ed efficiente per assistere a livello domiciliare le persone anziane, anche quando ad avere bisogno di assistenza è il soggetto demente. Di fronte alla sofferenza di questa patologia e al bisogno reale di prendersi cura quotidianamente ed assiduamente del malato, è normale che gli equilibri familiari vengano smobilitati. L'ambiente, inteso nella sua accezione più ampia di contesto umano e relazionale, deve essere adattato al soggetto in modo da consentirgli il mantenimento delle abilità funzionali residue per il tempo più lungo possibile e limitare l'aggravamento dei disturbi comportamentali.
I cambiamenti che i famigliari devono adottare di fronte all'evento malattia sono molti: entrano in gioco cambiamenti organizzativi riguardo il tempo da dedicare alla sorveglianza, alla cura, alla conciliazione con gli altri impegni lavorativi e relazionali; cambia la gestione dei rapporti sociali extrafamiliari, per cui spesso vi è una tormentosa preoccupazione riguardo cosa potrebbe dire la gente dei comportamenti del malato, vi è il disagio di come gestirlo qualora si agiti negli spazi aperti o troppo affollati. È molto comune inoltre l'esperienza di un ribaltamento dei ruoli che da sempre caratterizzavano la struttura familiare: succede cosi che il malato, un tempo genitore capace di cure e di sostegno, diviene "bimbo" bisognoso di cura e di tanta attenzione, ed è cosi che i figli, o il coniuge, sentono il dolore della rinuncia dell'identità del proprio caro e devono far leva su tutte le proprie capacità di far fronte al cambiamento.
Entrano in gioco fattori psicologici del familiare che è chiamato a gestire la sofferenza legata alla sensazione di perdita e di impotenza e l'ansia legata alla difficoltà di capire cosa sta succedendo a quella persona che magari fino a poco tempo prima rappresentava il "pilastro" affettivo e relazionale della famiglia stessa.

La negazione
Di fronte alla malattia una delle prime più comuni reazioni umane è la negazione, cioè il rifiuto di credere vero ciò che sta accadendo al malato e, di riflesso, a noi. Si tratta di reazioni del tutto normali. Sono delle difese utilizzate dalla nostra psiche che vengono attivate per un tempo più o meno lungo allo scopo di mantenere l'equilibrio personale: è come se la nostra mente prendesse le distanze dalla gravità della malattia concedendosi del tempo prima di affrontare la realtà e tutto il dolore che porta con sè.
Il rifiuto di credere che ciò che sta accadendo sia vero, spinge la famiglia a mobilitarsi alla ricerca di numerosi medici specialistici con la speranza di avere la conferma di un errore diagnostico. Anche se gli errori diagnostici sono sempre possibili ed è certamente giustificato e doveroso da parte del familiare avere la certezza della diagnosi, una volta che questa è stata formulata con certezza da un centro di eccellenza è indispensabile evitare di ricercare il medico o il farmaco risolutore in modo ossessivo per una soluzione miracolosa al problema. Questi pensieri e questi atteggiamenti possono in realtà addirittura danneggiare il malato al quale chiediamo più o meno consapevolmente di continuare a comportarsi come prima quando invece la natura della malattia non può permetterlo.